I newyorchesi sono gente da capire. Sono tanti, tantissimi, ma se ne prendi uno a caso e lo osservi ti sembrerà l’unico esemplare vivente rimasto sulla terra. È solo.
L’ingresso del centro, uno dei più alla moda della città, si nasconde in una parete di bambù in pieno upper east side, in mezzo al caos cittadino: stanze attrezzate di luci multicolori regolabili nell’intensità e nella temperatura, yoga advisors personalizzati, 19 tipi di discipline diverse.
Una volta riacchiappato se stesso, dopo la lezione di yoga, il newyorchese esce svelto dalla parete di bambù e se ne torna a casa, fermandosi prima a ritirare del cibo giapponese take away nella confezione in cartoncino, che consumerà direttamente seduto sul divano, anche perchè il tavolo a casa nemmeno ce l’ha, che non gli serve poi tanto.
Mangia in compagnia di se stesso, quell’individuo che domani mattina probabilmente perderà di nuovo, pochi minuti dopo essere uscito di casa, all’incirca all’altezza dell’85esima strada, dovel’hair stylist il mese scorso aveva lasciato il posto ad una nuova pharmacy, che adesso sta già smantellando in favore di un food emporium.
E a pensarci bene già adesso, in mezzo alla cena a base di noodles vegetali, quel se stessoinizia a sentirsi un po’ smarrito. Ma il newyorchese non si lascia spaventare. Sa già che domani sera, lui e se stesso si ritroveranno. Puntuali alle sette, alla lezione di yoga.